Lontani ma vicini: un progetto d'arte e d'amore al tempo del Covid-19

04.03.2021

Il progetto è nato nel mese di marzo del 2020, durante la prima ondata della pandemia, dal desiderio di collaborazione degli artisti del laboratorio "Il tempo dell'arte", con l'Unità di Crisi di Psicologia dell'ASST di Lecco, ai tempi del Covid-19. L'atelier "Il tempo dell'arte" (con sede principale a Lecco in via G. Fiocchi n. 15) incorpora pittori di ogni età, formatosi al mondo dell'arte attraverso i corsi di pittura di Irma Zerboni, artista, storica dell'arte e arteterapista. Trovandosi a vivere in una condizione di estrema delicatezza e fragilità, e venendo a conoscenza del progetto "Lontani ma vicini" grazie ad Elisa Fogliato, psicoterapeuta dell'unità di crisi e artista de "Il tempo dell'arte", Irma, la stessa Elisa e diversi altri artisti del laboratorio, hanno sentito un forte impulso creativo nell'apportare il proprio contributo, realizzando alcune opere. I lavori rappresentano una riflessione, un dialogo, una nota di colore, una risposta artistica di chi, tra le mura delle proprie abitazioni, ha voluto comunque esprimere la personale vicinanza a coloro che hanno vissuto e stanno vivendo questo dramma in prima linea: i pazienti malati di Covid-19, i loro famigliari, spesso lontani nelle proprie case, e gli operatori sanitari che ogni giorno sacrificano la loro vita per questa causa.

Le opere di questi pittori si propongono di portare un tocco di colore e di affetto nei corridoi dei presidi ospedalieri di Lecco e di Merate, un segno di speranza e di incoraggiamento, per chi lotta con coraggio ogni giorno. Nella prima fase del progetto questi dipinti, donati dagli artisti dell'ateler, sono stati collocati all'interno degli spazi degli ospedali, affiancandoli a frasi composte dagli stessi operatori sanitari ai tempi del Coronavirus. "Lontani ma vicini": in questo modo le opere si fanno portatrici non solo della gratitudine e vicinanza personale, ma anche di un ringraziamento e di un sostegno sociale, universale e collettivo. 

La seconda fase, non ancora realizzata a causa della pandemia ancora in atto, consiste nella realizzazione di una mostra nella hall dell'Ospedale Manzoni di Lecco, a fine emergenza. Ciascun dipinto costituirà il tassello di un più ampio dialogo, un ponte di comunicazione tra interno ed esterno, tra chi ha vissuto il dramma dell'epidemia nell'ospedale e chi nell'isolamento delle proprie case. In un contesto in cui, la solitudine, il senso di abbandono, la paura, l'impossibilità di comunicazione hanno segnato, seppur in maniera diversa ciascuno di noi, l'arte diventa ponte di comunicazione, un linguaggio universale ed efficace, non solo per creare spunti di riflessione sul nostro recente vissuto, ma per aprire nuovi orizzonti di speranza verso la rinascita personale e collettiva. 

Ogni lavoro artistico si fa portatore di una condizione personale e nel contempo universale: gli artisti hanno dovuto confrontarsi con le difficoltà di reperimento dei materiali, utilizzando a volte elementi di recupero o di riciclo. Per questo hanno messo in atto le proprie risorse creative, adoperando vecchie tele riciclate, materiali poveri e fragili come la carta, le matite e i gessetti, supporti inconsueti come il plexiglass. A volte hanno dovuto supplire alla mancanza di olio di lino per pittura con altri oli alimentari che avevano nelle loro case. I materiali diventano metafora della mancanza e della capacità di ciascuno di attingere a nuove risorse; essi parlano, diventando voce e testimonianza visibile di un dramma che ci ha colpiti universalmente. Alcune opere sono rimaste provvisoriamente incompiute proprio per queste motivazioni.